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Antonella Ferrara: costruire eventi che illuminano la cultura

22 Marzo 2024
- Di
Viola
Tempo di lettura: 5 minuti

Con una consolidata esperienza nel campo culturale e degli eventi, Antonella Ferrara ha dato vita nel 2011 al Taormina International Book Festival, un evento dedicato alle Belle Lettere. Questa iniziativa ha rappresentato il naturale sviluppo di una lunga storia di passione personale e impegno professionale nel mondo della letteratura. Prima di questo ruolo, Ferrara ha ricoperto la posizione di Direttore Commerciale presso una prestigiosa Casa Editrice siciliana, contribuendo attivamente alla promozione e alla diffusione di opere di valore. Attualmente, si occupa dell'organizzazione e della produzione di eventi culturali, continuando a promuovere la cultura e le arti attraverso iniziative coinvolgenti e di qualità. Per questo le abbiamo fatto alcune domande sull'argomento.

Qual è stata la tua esperienza professionale nel campo dell'organizzazione degli eventi e cosa ti ha spinto a intraprendere questa carriera?

«Tutto nasce dalla mia passione per i libri e dall’esperienza maturata nel mondo della letteratura, seguendo il ciclo vitale del libro, dallo scrittore al lettore. Prima di ideare e di dirigere Taobuk, ho lavorato come editor e direttrice commerciale di una casa editrice e ho fondato e diretto due librerie, accendendo un presidio di cultura in zone che ne erano sprovviste. Parallelamente alla conoscenza approfondita del mercato editoriale, ho fatto tesoro dell’esperienza nei grandi festival europei di Edimburgo, Parigi, Londra. È lì che mi è venuta un’idea: applicare il modello internazionale del festival delle arti alla morfologia della città di Taormina, in Sicilia. Partendo dallo studio del territorio, ho costruito un evento che potesse contribuire, in termini di legacy e di reputazione, a migliorare il posizionamento internazionale della città, accrescendone il prestigio e puntando su di essa i riflettori mondiali. “L’inversione di polarità” è una delle grandi sfide vinte dal festival: i grandi scrittori che prima si fermavano a Roma ora, grazie a Taobuk che è un festival internazionale, scelgono il sud Italia».

Come gestisci la pianificazione e l'esecuzione di eventi di diverse dimensioni e complessità?

«La pianificazione e l’esecuzione degli eventi vengono studiate minuziosamente in ogni singolo dettaglio. La fase preparatoria, che include pianificazione, progettazione e atti prodromici all’esecuzione finale, parte un anno prima dell’evento. Quanto all’effettiva esecuzione, cambia solo il numero di forze di campo in relazione alle dimensioni dell’evento, ma il metodo resta lo stesso: cura dei dettagli, impostazione multidisciplinare, team di professionisti qualificati suddivisi per aree di competenze, partnership di livello».

Quali sono le principali sfide che hai affrontato nel coordinare eventi e come hai risolto tali sfide?

«La prima sfida è stata portare i libri in zone in cui di libri non c’era traccia, luoghi storicamente dotati di sedimenti culturali importanti che avevano perso però la fiducia nel domani e che, grazie alle librerie che ho introdotto, sono diventati centri di aggregazione culturale. La seconda sfida è stata costruire intorno alla letteratura eventi che fossero attrattivi per il grande pubblico, mantenendo contenuti alti e allo stesso tempo fruibili da tutti, tant’è che Taobuk è anche un format televisivo, in onda su Rai 1. E porgere in televisione un programma che metta al centro i libri non in maniera didattica e didascalica, ma creando spettacolo attorno al festival, è certamente un’altra grande sfida vinta da Taobuk».

Qual è stato l'evento culturale più interessante a cui hai partecipato recentemente e cosa ne hai tratto?

«Escludendo Taobuk, direi l’inaugurazione al MAXXI di Roma, il Museo nazionale delle arti del XXI secolo (partner di Taobuk), dell'installazione “Non uccidere” commissionata all'artista Emilio Isgrò e all'architetto Mario Botta per celebrare i 75 anni della Costituzione italiana. È l’arte che si fa baluardo di democrazia e portavoce di valori universali».

Organizzi anche mostre d’arte? Quali sono le più importanti che hai organizzato?

«L’arte è un presidio fondamentale per il festival, che ha un’anima intrinsecamente multidisciplinare, intersecando le varie arti in unico format. E tra le arti, quelle visive esprimono ciò che a volte la letteratura non riesce a tradurre. Per fare degli esempi, abbiamo celebrato il centenario di Verga con la cancellatura de “I Malavoglia” grazie a una grandissima installazione curata da Emilio Isgrò, così traducendo istantaneamente un concetto chiave e cancellando metaforicamente il senso di rassegnazione dei siciliani al centro del “ciclo dei vinti” e della poetica verghiana. Si è voluto così lanciare un messaggio di speranza affidato alla letteratura che non consola ma riscatta. Tra le tante mostre organizzate, ci sono state anche quelle dedicate ai grandi fotografi, come Battaglia, Scianna e Leone, e quella incentrata sul rapporto esistente tra i libri e gli autori. Intitolata “Dal libro all’autore e dall’autore al libri”, ha accostato le opere di grandi artisti come Picasso, Fontana e Burri alle grandi copertine dei cataloghi d’arte che quelle stesse opere raffigurano».

Come pensi che la tecnologia stia influenzando il modo in cui le persone interagiscono con gli eventi oggi?

«La tecnologia è un prezioso strumento di amplificazione dell’utenza, in grado cioè di moltiplicare il numero di persone in contatto con l’arte e con la cultura. La tecnologia è allora anche un formidabile strumento democratico, che consente di allargare la platea dei fruitori, assicurando un’esperienza multisensoriale, e di raggiungere un pubblico potenzialmente senza confini grazie al metaverso e alla realtà immersiva. Applicata all’arte e alla cultura, è certamente un bene, a patto che non sostituisca l’esperienza dal vivo, ma si muova di pari passo, amplificandone la forza comunicativa».

Cosa pensi dell'arte pubblica e delle installazioni artistiche nelle città? Dovrebbero essercene di più?

«Assolutamente, tutte le piazze dovrebbero essere invase da installazioni artistiche. Educare le persone al bello è anzitutto permettergli di avere il bello nella quotidianità. Un bambino abituato a vedere l’arte per strada sarà un adulto naturalmente predisposto all’arte e alla cultura».

Qual è la tua opinione sulle mostre virtuali e sugli eventi culturali online? Offrono un'esperienza paragonabile a quella dal vivo?

«Certamente no. La strategia vincente è abbinare le mostre virtuali e gli eventi culturali online all’esperienza dal vivo, che non può essere soppiantata tout court da quella digitale. Un’osmosi tra esperienza diretta e virtuale è possibile, anzi auspicabile. Ma il contatto diretto non può essere in alcun modo eliminato».

Come pensi che gli eventi culturali possano contribuire alla coesione sociale e alla comprensione interculturale?

«Questo è un punto fondamentale: gli eventi culturali sono promotori di coesione sociale, rappresentando un modo per ragionare insieme su come superare alcune criticità presenti nella nostra società. I festival sono un ponte di interculturalità, nella misura in cui al tavolo di confronto su macrotemi come le libertà vengono chiamati tutti gli attori in causa. Mi riferisco non solo a personaggi di spicco del mondo dell’arte, della cultura e delle scienze provenienti da tutto il mondo, ma anche agli studenti e al pubblico generalista. Faccio un esempio concreto. La premio Nobel Svjatlana Aleksievič è riuscita a venire a Taobuk grazie a un corridoio diplomatico con la Bielorussia. La sua è stata una testimonianza estremamente potente contro la guerra e la dittatura che ha catturato l’attenzione dei media di tutto il mondo».

A quali eventi culturali ti sei ispirata?

«Gli eventi culturali che per me sono stati fonte di ispirazione e che mi hanno formato sono i grandi modelli festivalieri europei. Uno su tutti, il festival di Edimburgo che realizza una stagione delle arti in cui ogni arte occupa un mese di programmazione. È il modello che ho pensato per Taormina, con un festival dentro il festival e una sezione di approfondimento dedicata a ogni arte. Ho applicato questa strategia e questa impostazione a Taobuk: cinque giorni di eventi, sezioni e sottosezioni che vanno dalla medicina alla tecnologia, dall’arte alla letteratura, dal teatro alla musica fino alla danza».

Cosa pensi dell'importanza di sostenere gli artisti emergenti?

«L’ingrediente principale di ogni evento culturale è la capacità di fare scouting perché se manca questo tutto si riduce a una vetrina. Gli eventi devono essere delle piattaforme per riconoscere, valorizzare e promuovere i talenti emergenti. In altri termini, ogni festival deve costituire un’opportunità per chi un talento ce l’ha o lo vuole coltivare. E deve indicare una via per riuscire a realizzarlo. È questa la chiave per far progredire la nostra società e per dare una chance all’arte e alla cultura: i giovani sono linfa vitale e a loro va offerta una vera possibilità».

Per saperne di più su Antonella Ferrara

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