Il metaverso è già in mezzo a noi? Un po’ di chiarezza

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[vc_row][vc_column][vc_column_text]METAVERSO - Siamo vicini alla perfetta miscela tra digitale e reale, ma soprattutto siamo dentro un calderone di frasi diverse che cercano di spiegare la stessa cosa. Questa è l’attuale situazione riguardo al metaverso, il magnifico mondo proposto e promosso da Mark Zuckerberg, l’uomo al vertice dei social media. Oltre al video sul web che raffigura lui in luoghi anche troppo all’avanguardia, troviamo moltissime pagine che cercano di dire la propria sul metaverso. Cerchiamo di capire cos’è questo mondo. [/vc_column_text][dfd_spacer screen_wide_spacer_size="50" screen_normal_resolution="1024" screen_tablet_resolution="800" screen_mobile_resolution="480"][dfd_heading subtitle="" content_alignment="text-left" enable_delimiter="" undefined="" title_font_options="tag:h2" subtitle_font_options="tag:div" tutorials=""]

Un nuovo mondo in versione virtuale

[/dfd_heading][dfd_spacer screen_wide_spacer_size="50" screen_normal_resolution="1024" screen_tablet_resolution="800" screen_mobile_resolution="480"][vc_column_text]Definire il metaverso è davvero complicato perché il rischio di tralasciare dettagli fondamentali è dietro l’angolo. Dopo tutto questo gran parlare, ora che si sono calmate le acque, vogliamo dare un senso a tutto ciò che è stato detto?

Il metaverso è un intero mondo in formato virtuale in cui possiamo compiere una quantità illimitata di attività diverse attraverso il proprio avatar. Questo avatar è il nostro alter ego digitale, che un giorno governeremo con facilità con occhiali VR e altri mezzi tecnologici avanzatissimi. Ogni giorno la tecnologia si avvicinerà a riprodurre le sensazioni reali anche quando ci troveremo in un universo virtuale. Il tutto mentre siamo connessi al resto del mondo grazie a internet.

Le possibilità per il metaverso sono davvero infinite: un giorno saremo facilmente in grado di andare in ufficio solo indossando un Hoculus. Potrebbe essere un ufficio virtuale 3D oppure il nostro ologramma che si sposta nella sede fisica.[/vc_column_text][dfd_spacer screen_wide_spacer_size="50" screen_normal_resolution="1024" screen_tablet_resolution="800" screen_mobile_resolution="480"][dfd_heading subtitle="" content_alignment="text-left" enable_delimiter="" undefined="" title_font_options="tag:h2" subtitle_font_options="tag:div" tutorials=""]

La situazione attuale: tanto fumo e poco metaverso

[/dfd_heading][dfd_spacer screen_wide_spacer_size="50" screen_normal_resolution="1024" screen_tablet_resolution="800" screen_mobile_resolution="480"][vc_column_text]In effetti i primi passi per il metaverso sono già stati compiuti. Abbiamo i primi visori in VR, esistono casi di AR, anche la moneta ormai ha le sue versioni digitali consolidate. Per non parlare dei videogiochi, il settore più all’avanguardia per molti ambiti tecnologici, che portano esperienze iperrealistiche già da tempo.

Tuttavia, dobbiamo mettere un “ma” davvero grande sull’argomento metaverso.

Il metaverso è già in mezzo a noi?

Parliamoci chiaro, tutti abbiamo visto il video di Mark Zuckerberg in cui fluttua dentro un’astronave in compagnia di due astronauti, un robot senziente e un ologramma. Non sembra qualcosa di fattibile, ma è anche ciò a cui ha accennato lui stesso: si trattava di una visione sul futuro del metaverso. 

Certo è che il metaverso, per come ce lo stanno presentando, è un universo di progressi che ha ancora bisogno di tempo. Tempo per essere messo in atto nella sua forma più innovativa e visionaria in cui lo immaginiamo adesso. Quindi, ora, con cosa possiamo avere a che fare?[/vc_column_text][dfd_spacer screen_wide_spacer_size="50" screen_normal_resolution="1024" screen_tablet_resolution="800" screen_mobile_resolution="480"][dfd_heading subtitle="" content_alignment="text-left" enable_delimiter="" undefined="" title_font_options="tag:h2" subtitle_font_options="tag:div" tutorials=""]

La situazione attuale: tanto fumo e poco metaverso

[/dfd_heading][dfd_spacer screen_wide_spacer_size="50" screen_normal_resolution="1024" screen_tablet_resolution="800" screen_mobile_resolution="480"][vc_column_text]In questo momento, il metaverso è ancora lontano dalla sua forma più avanzata in cui ci immergeremo completamente in un mondo virtuale. Tuttavia, più passa il tempo e più elementi nascono che serviranno a comporre quel mondo incredibile.

Basti pensare che moltissime cose hanno la loro versione digitale, versioni che comporranno l’ossatura del metaverso. Per esempio, le criptovalute sono un sistema consolidato; abbiamo anche la blockchain, un sistema digitale per la registrazione e tracciabilità dei pagamenti. La realtà immersiva sta affermandosi nel business grazie a fiere ed expo virtuali di ogni genere. Per esempio, sta per arrivare Vinophila: l’expo virtuale 3D per vino e bevande alcoliche, ovvero un mondo digitale in cui possiamo interfacciarci con altre aziende. Proprio come nel mondo fisico, ma a portata di clic.

Certo è che il metaverso, per come ce lo stanno presentando, è un universo di progressi che ha ancora bisogno di tempo. Tempo per essere messo in atto nella sua forma più innovativa e visionaria in cui lo immaginiamo adesso. Quindi, ora, con cosa possiamo avere a che fare?[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

Parla Oliver Camponovo: come il metaverso influisce sul business

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[vc_row][vc_column][vc_column_text]OLIVER CAMPONOVO METAVERSO - Nel mondo dei social e della tecnologia in generale un argomento molto attuale e caldo è quello del “Metaverso”. Si tratta di un progetto che Mark Zuckerberg vuole realizzare nell’immediato futuro, ma un concetto che esiste nella nostra cultura già dai primi anni novanta.[/vc_column_text][dfd_spacer screen_wide_spacer_size="50" screen_normal_resolution="1024" screen_tablet_resolution="800" screen_mobile_resolution="480"][dfd_heading subtitle="" content_alignment="text-left" enable_delimiter="" undefined="" title_font_options="tag:h2" subtitle_font_options="tag:div" tutorials=""]

Il metaverso: dalle origini a oggi

[/dfd_heading][dfd_spacer screen_wide_spacer_size="50" screen_normal_resolution="1024" screen_tablet_resolution="800" screen_mobile_resolution="480"][vc_column_text]La paternità del termine metaverso è attribuita a Neal Stephenson, che usa questo vocabolo nel suo romanzo fantascientifico Snow Crash, del 1992. Il romanzo è ambientato in un mondo parallelo dove le persone possono interagire tra di loro e con lo spazio circostante attraverso avatar in 3D. All’interno di questo mondo parallelo, rappresentato come una sfera nera, ogni persona con il proprio avatar è in grado di costruire in 3D tutto, dalle case, ai parchi, dagli uffici, ai negozi. Non solo, all’interno del Metaverso ha la possibilità di vivere una vita completamente identica a quella reale.

Dagli anni novanta ad oggi il termine è stato più volte ripreso, specialmente nel settore dei videogiochi come Fortnite, ma è stato Mark Zuckerberg a dare una prospettiva più reale al mondo virtuale. Il CEO di Facebook ha affermato di voler dar vita a “un internet incarnato, in cui invece di limitarsi a visualizzare contenuti, ci sei dentro”. L’idea è quella di avere accesso ad un luogo virtuale in cui però poter sperimentare tutte le occasioni che si presentano nella vita reale, come se vi fossimo fisicamente. Ad interagire per conto nostro sarà però un avatar, o nella versione più aggiornata, la nostra stessa proiezione olografica. Quello che fa in sostanza è riunire in un unico posto più tecnologie che riguardano il settore delle e-mail, videoconferenze, blockchain, videogiochi, streaming, tecnologia immersiva 3D. Nell’immaginario del suo ideatore moderno il metaverso rappresenta il “big step” della rivoluzione digitale.[/vc_column_text][dfd_spacer screen_wide_spacer_size="50" screen_normal_resolution="1024" screen_tablet_resolution="800" screen_mobile_resolution="480"][dfd_heading subtitle="" content_alignment="text-left" enable_delimiter="" undefined="" title_font_options="tag:h2" subtitle_font_options="tag:div" tutorials=""]

Oliver Camponovo: Cosa implica il concetto di metaverso nel business

[/dfd_heading][dfd_spacer screen_wide_spacer_size="50" screen_normal_resolution="1024" screen_tablet_resolution="800" screen_mobile_resolution="480"][vc_column_text]

“La migliore caratteristica del Metaverso è la sua natura decentralizzata, che permette alle persone di prendere decisioni piuttosto che averle prese per loro dall’alto. - Afferma Oliver Camponovo sul Metaverso -  Questo carattere decentralizzato è un segno chiave di come le nuove valute (criptovalute)  si svilupperanno e di come le nuove imprese opereranno.”

Nella visione attuale di metaverso non si può scindere il concetto dall’utilizzo della blockchain e dei suoi derivati. Un metaverso completo ha intrinseco anche un sistema economico basato sulla nuova forma di criptomonete. Ma cosa implica questo per le aziende?

“Ci sono due pericoli principali associati all’adozione del Metaverso. - Prosegue Oliver Camponovo - Il primo è l’imprevedibilità del futuro della tecnologia blockchain, e il secondo è la minaccia della cybersecurity. Questo e qualsiasi altro pericolo associato al Metaverso e ad altre tecnologie blockchain dovrebbe essere monitorato dalle imprese e dalle società.”

 

 

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Hbb TV: come ti viola la privacy

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[vc_row][vc_column][vc_column_text]HBB TV VIOLA PRIVACY - In questi giorni si discute molto del prossimo aggiornamento dei TV italiani, ma se ancora esistono problemi di fondo, perché andare avanti così in fretta?

Le normative sulla privacy sono chiare per gli addetti ai lavori, invece una ricerca ha dimostrato che ci sono dei problemi di fondo. Per farla breve, su alcuni canali prendono i tuoi dati ancora prima che tu possa rispondere. Grazie alla ricerca svolta da Sababa Security, andiamo a scoprire cosa succede nel piccolo schermo.[/vc_column_text][dfd_spacer screen_wide_spacer_size="50" screen_normal_resolution="1024" screen_tablet_resolution="800" screen_mobile_resolution="480"][dfd_heading subtitle="" content_alignment="text-left" enable_delimiter="" undefined="" title_font_options="tag:h2" subtitle_font_options="tag:div" tutorials=""]

La ricerca sulla privacy degli spettatori

[/dfd_heading][dfd_spacer screen_wide_spacer_size="50" screen_normal_resolution="1024" screen_tablet_resolution="800" screen_mobile_resolution="480"][vc_column_text]I TV di cui vi stiamo parlando sono quelli che possiedono la tecnologia Hybrid broadcast broadband TV, ovvero Hbb TV. Grazie a questa componente, le televisioni offrono dei servizi più interattivi, come quello di far tornare indietro una trasmissione in diretta.

La ricerca si è basata sul rapporto tra la richiesta di accettazione dei trattamenti di dati personali e l’effettiva raccolta dei dati. La società Sababa Security ha condotto la prova su sedici canali, uno per ogni gruppo, di cui nove nazionali e sette esteri.

Cosa hanno scoperto con questa ricerca? Che le falle nelle procedure di richiesta sono moltissime e di svariati tipi. Almeno la maggior parte dei canali porta con sé tracciamenti indesiderati e/o non rende possibile negare il consenso ai cosiddetti pixel di tracciamento.[/vc_column_text][dfd_spacer screen_wide_spacer_size="50" screen_normal_resolution="1024" screen_tablet_resolution="800" screen_mobile_resolution="480"][dfd_heading subtitle="" content_alignment="text-left" enable_delimiter="" undefined="" title_font_options="tag:h2" subtitle_font_options="tag:div" tutorials=""]

I risultati delle Hbb TV: una falla dopo l’altra

[/dfd_heading][dfd_spacer screen_wide_spacer_size="50" screen_normal_resolution="1024" screen_tablet_resolution="800" screen_mobile_resolution="480"][vc_column_text]L’aspetto su cui riflettere grazie a questa ricerca è la considerazione che si ha della privacy individuale, ma soprattutto della scarsa competenza a riguardo. Scarsa competenza perché le falle nelle procedure riguardano le migliori reti nazionali e non, come il gruppo Mediaset o Rai.

Prima ancora che un utente accetti l’informativa sul trattamento dei dati, la maggior parte dei canali analizzati tramite Hbb TV ha già avviato il tracciamento. Molti usano i cosiddetti pixel di tracciamento, cioè dei pixel che aiutano le emittenti a capire il comportamento degli utenti: è quasi impossibile toglierli.

Naturalmente non possiamo fare di tutta l’erba un fascio: esistono canali con una buona procedura per la privacy e altri problematici. Tuttavia, sapere che alcuni dei maggiori enti non mettono a disposizione nemmeno l’informativa è alquanto preoccupante per la nostra privacy.

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Chi trova un amico trova una truffa su Whatsapp

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[vc_row][vc_column][vc_column_text]CRISTINA GIOTTO WHATSAPP - Di truffe se ne vedono di ogni tipo, siamo forse abituati a vedere dei truffatori rinnovarsi continuamente. Dai furbi del porta a porta ai più tecnologici creatori di concorsi online fasulli: stavolta le truffe passano  di nuovo dal digitale. Inoltre, se prima i criminali avevano bisogno di tutti i nostri dati bancari, adesso gli basta un codice a sei cifre. Scopriamo insieme a Cristina Giotto Boggia, direttore di Ated ICT Ticino, come funzionano le truffe su Whatsapp.[/vc_column_text][dfd_spacer screen_wide_spacer_size="50" screen_normal_resolution="1024" screen_tablet_resolution="800" screen_mobile_resolution="480"][dfd_heading subtitle="" content_alignment="text-left" enable_delimiter="" undefined="" title_font_options="tag:h2" subtitle_font_options="tag:div" tutorials=""]

Cristina Giotto: non inviate i vostri codici su Whatsapp

[/dfd_heading][dfd_spacer screen_wide_spacer_size="50" screen_normal_resolution="1024" screen_tablet_resolution="800" screen_mobile_resolution="480"][vc_column_text]Grazie a Cristina Giotto potremo capire in cosa consistono le truffe sulla famosissima app di messaggistica Whatsapp. Il punto cruciale consiste nell’inviare un codice a sei cifre importantissimo: è il codice univoco per il trasferimento del vostro account. Potreste trovare dei - presunti - vostri amici che vi scrivono chiedendovi “Ti ho inviato un codice per sbaglio, potresti rimandarmelo?”: in tal caso, non rispondete.

Quell’amico, in realtà, altro non è che una vittima della stessa truffa. Infatti, chi manda il codice univoco permetterà al destinatario di completare la procedura di trasferimento di account da uno smartphone all’altro. In altre parole, l’hacker ha già rubato l’identità del vostro ipotetico amico e la sfrutta per ottenere anche la vostra.

“Siamo dinanzi al tentativo di un furto dell’identità, con una procedura iniziata da un hacker che, utilizzando il nostro numero di cellulare, vuole impossessarsi del nostro account. E per completare l’iter, ha bisogno del codice che solo noi possiamo inviare.” Questa la descrizione di Cristina Giotto che segnala l’esistenza di una truffa tanto semplice da non sembrare tale.[/vc_column_text][dfd_spacer screen_wide_spacer_size="50" screen_normal_resolution="1024" screen_tablet_resolution="800" screen_mobile_resolution="480"][dfd_heading subtitle="" content_alignment="text-left" enable_delimiter="" undefined="" title_font_options="tag:h2" subtitle_font_options="tag:div" tutorials=""]

Non rispondete, altrimenti scatta la truffa

[/dfd_heading][dfd_spacer screen_wide_spacer_size="50" screen_normal_resolution="1024" screen_tablet_resolution="800" screen_mobile_resolution="480"][vc_column_text]E cosa potrebbe succedere se finissimo per inviare il codice a sei cifre di Whatsapp? Come risponde dettagliatamente Cristina Giotto: “Purtroppo, il codice inviato consente ai cybercriminali di completare la procedura, di impadronirsi dell’account WhatsApp e della rubrica telefonica, e di sfruttare questi dati per compiere ulteriori frodi utilizzando il vostro numero di telefono, ai danni dei vostri contatti.”

Dato che ottengono un account Whatsapp altrui, i cybercriminali potranno inoltre accedere ai messaggi salvati su backup. Di conseguenza, se la vittima ha mai inviato dei dati sensibili, verrebbero presi anche questi: importantissimo, perciò, imparare a riconoscere questa truffa e non rispondere.

Come ci suggerisce caldamente Cristina Giotto, la prima cosa da fare è non rispondere a chi richiede il codice univoco a sei cifre. Se invece avessimo innocentemente ceduto, non esitate a bloccare il vostro account Whatsapp a questo link.

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Il robot cestista di Tokyo 2020

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[vc_row][vc_column][vc_column_text]ROBOT CESTISTA TOKYO 2020 - Chi gioca a pallacanestro lo sa: infilare la palla a sei spicchi è ogni volta una sfida. Si tratta di incastrare decine di condizioni in un solo tiro, e la pratica non basta mai. Adesso la tecnologia ha messo alla prova i suoi progressi sul parquet, mettendo in campo l’eterna battaglia tra cervello e (non solo) muscoli. Grazie a Giulio Falchi, esperto UI, cerchiamo di capire il fascino dei robot e dei Mecha in Giappone.[/vc_column_text][dfd_spacer screen_wide_spacer_size="50" screen_normal_resolution="1024" screen_tablet_resolution="800" screen_mobile_resolution="480"][dfd_heading subtitle="" content_alignment="text-left" enable_delimiter="" undefined="" title_font_options="tag:h2" subtitle_font_options="tag:div"]

CUE la mette pure da centrocampo a Tokyo 2020

[/dfd_heading][dfd_spacer screen_wide_spacer_size="50" screen_normal_resolution="1024" screen_tablet_resolution="800" screen_mobile_resolution="480"][vc_column_text]Si chiama CUE ed è il progetto firmato da Toyota avviato nel 2018. Sul campo da basket di Tokyo 2020 ha fatto scalpore per i suoi tiri incredibili da varie angolazioni e distanze, perfino da centrocampo. Un portento dei 3 punti che sfoggia la sua coordinazione complicata anche per gli esseri umani.

“È proprio questa la caratteristica incredibile: questo robot ha una coordinazione fin troppo perfetta. Dai piedi ai minuscoli movimenti delle mani, CUE è ancora più vicino al comportamento umano.” Questo il pensiero di Giulio Falchi.

Infatti il robot cestista ostenta una gestualità invidiabile, ma non è solo questo il suo punto forte. Un’altra caratteristica è la sua - quasi - infallibilità: è il robot con il record mondiale di canestri consecutivi, 2020 in meno di 6 ore.[/vc_column_text][dfd_spacer screen_wide_spacer_size="50" screen_normal_resolution="1024" screen_tablet_resolution="800" screen_mobile_resolution="480"][dfd_heading subtitle="" content_alignment="text-left" enable_delimiter="" undefined="" title_font_options="tag:h2" subtitle_font_options="tag:div"]

La tradizione giapponese dei mecha

[/dfd_heading][dfd_spacer screen_wide_spacer_size="50" screen_normal_resolution="1024" screen_tablet_resolution="800" screen_mobile_resolution="480"][vc_column_text]Vedere un robot comportarsi come - e meglio - di un essere umano è strabiliante per chiunque. Tuttavia, può darsi che per il popolo giapponese lo sia un po’ meno: per loro, quella dei robot umanoidi è ormai una tradizione ben radicata.

“Si tratta del mondo dei cosiddetti ‘mecha’ ", Prosegue Giulio Falchi, “Un argomento che, in Giappone, esiste da quando si ha a che fare con manga e anime. Sicuramente il desiderio di concretizzare una fantasia comune a tutti sta stimolando le maggiori compagnie nipponiche.”

Perciò il robot cestista presentato a Tokyo 2020 ha stupito tutti per i risultati che ha dato, ma non per la sua comparsa. CUE fa parte di un percorso calcato da tempo, ormai parliamo di decadi, in cui tutti ambiscono a vedere umanoidi meccanici passeggiare insieme alle persone.

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Il doppio taglio del deepfake

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[vc_row][vc_column][vc_column_text]DEEPFAKE - Non è una sorpresa, la tecnologia porta con sé pregi e difetti. Spesso troviamo in essa un immenso appoggio per i nostri progetti, altrettanto spesso è usata da truffatori, hacker e altri malintenzionati. Ma nessuno si aspettava questo doppio risvolto dal deepfake. Se finora era usato sia come strumento bizzarro, a dir poco comico, e anche per rubare e screditare l’identità altrui, adesso ne deriva una professione di tutto rispetto. Ma allora come dovremmo vederlo? Giulio Falchi ci aiuta a capirlo.[/vc_column_text][dfd_spacer screen_wide_spacer_size="50" screen_normal_resolution="1024" screen_tablet_resolution="800" screen_mobile_resolution="480"][dfd_heading subtitle="" content_alignment="text-left" enable_delimiter="" undefined="" title_font_options="tag:h2" subtitle_font_options="tag:div"]

La tremenda facilità del deepfake

[/dfd_heading][dfd_spacer screen_wide_spacer_size="50" screen_normal_resolution="1024" screen_tablet_resolution="800" screen_mobile_resolution="480"][vc_column_text]Facciamo il punto: il deepfake è un algoritmo che rende possibile inserire l’immagine di un volto su un altro soggetto all’interno di foto e video. Così facendo, per esempio, il volto di una persona si troverà sul corpo di un’altra. E in pochi se ne renderebbero conto, perché il risultato è accuratissimo.

“Così bastano una decina/ventina di foto perché chiunque possa prendere la tua persona e fargli fare ciò che vuole. E la nostra immagine, che fine farebbe?” Giulio Falchi, UI per JWR.

Ecco il nodo più complicato per questa tecnologia. Il deepfake unisce una certa facilità d’uso all’ancor più grande facilità di screditare potenzialmente chiunque. Alcuni anni fa fecero scalpore due video elaborati ad hoc raffiguranti Il presidente del Regno Unito Boris Johnson e l’ex presidente americano Donald Trump. Solo alcuni dettagli sottilissimi lasciavano capire che erano dei deepfake.[/vc_column_text][dfd_spacer screen_wide_spacer_size="50" screen_normal_resolution="1024" screen_tablet_resolution="800" screen_mobile_resolution="480"][dfd_heading subtitle="" content_alignment="text-left" enable_delimiter="" undefined="" title_font_options="tag:h2" subtitle_font_options="tag:div"]

Adesso è anche una realtà professionale

[/dfd_heading][dfd_spacer screen_wide_spacer_size="50" screen_normal_resolution="1024" screen_tablet_resolution="800" screen_mobile_resolution="480"][vc_column_text]Alt: quanto dice il titolo non significa che screditare persone è diventato un lavoro. Giulio Falchi, esperto di UI, ce lo dimostra con una notizia che porta con sé dell’incredibile. Per chi è fan di Star Wars, probabilmente conoscerà la recente serie tv “The Mandalorian”.

In questa serie appare il volto di un giovanissimo Luke Skywalker. Ma, essendo l’attore ormai quasi settantenne, il viso è ricostruito al computer: il risultato ha fatto molta critica.

A questo punto uno youtuber che si fa chiamare Shamook ha ricreato il volto della star del cinema attraverso il deepfake. Ciò che ha fatto batte il lavoro originale su tutta la linea.

“Convince così tanto che quel youtuber ha ricevuto un’offerta di lavoro dalla Lucasfilm, la casa produttrice di The Mandalorian. A questo punto dobbiamo chiederci: il deepfake è per forza un’arma contro la nostra identità?” Giulio Falchi, esperto di UI.

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

Realtà virtuale e salute: VR come supporto per le terapie

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[vc_row][vc_column][vc_column_text]REALTÀ VIRTUALE VR SALUTE - Ormai lo abbiamo constatato: le applicazioni della realtà virtuale sono incalcolabili, spaziando in ogni ambito immaginabile. Nei recenti appuntamenti con il Tech Corner abbiamo visto tantissime alternative in questo senso: non solo, abbiamo capito quanto progresso si può ancora fare. Stavolta guarderemo a quello che probabilmente è l’uso più utile alla nostra società. Terapie di diversi tipi per molti disturbi: la realtà virtuale e la salute vanno a braccetto per fare un altro balzo in avanti nel progresso.[/vc_column_text][dfd_spacer screen_wide_spacer_size="50" screen_normal_resolution="1024" screen_tablet_resolution="800" screen_mobile_resolution="480"][dfd_heading subtitle="" content_alignment="text-left" enable_delimiter="" undefined="" title_font_options="tag:h2" subtitle_font_options="tag:div" tutorials=""]

La realtà virtuale e come può essere sfruttata

[/dfd_heading][dfd_spacer screen_wide_spacer_size="50" screen_normal_resolution="1024" screen_tablet_resolution="800" screen_mobile_resolution="480"][vc_column_text]La realtà virtuale ha avuto il suo primo contatto con la medicina già da decenni: si parla infatti dei primi anni ottanta. In questi ultimi anni, tuttavia, si sono visti i risultati migliori, dovuti allo spropositato miglioramento degli strumenti per la sua realizzazione (vedi i visori VR).

Adesso la prima applicazione della realtà virtuale nella salute, come riporta la Digital Mosaick, è il trattamento di diverse condizioni cliniche. “La gestione del dolore acuto e cronico, i disturbi d’ansia, le fobie, i disturbi da stress post-traumatico (PTSD), i disturbi alimentari, l’autismo e la riabilitazione”.

Sono tutte condizioni che trovano svariate difficoltà e di cui non possiamo parlare a cuor leggero. Fortunatamente la tecnologia continua a proporre alternative che possano aiutare le persone con tali problematiche, portando anche molti successi.[/vc_column_text][dfd_spacer screen_wide_spacer_size="50" screen_normal_resolution="1024" screen_tablet_resolution="800" screen_mobile_resolution="480"][dfd_heading subtitle="" content_alignment="text-left" enable_delimiter="" undefined="" title_font_options="tag:h2" subtitle_font_options="tag:div" tutorials=""]

VR: esempi di aiuto per la salute

[/dfd_heading][dfd_spacer screen_wide_spacer_size="50" screen_normal_resolution="1024" screen_tablet_resolution="800" screen_mobile_resolution="480"][vc_column_text]Ecco alcuni esempi di come la VR possa supportare la nostra salute in situazioni complesse. Diverse terapie possono fare uso di questa tecnologia, trattando direttamente il problema dei pazienti. Dal PTSD alla terapia del dolore, la realtà virtuale può diventare perfino il sostituto di alcune medicine.

Partiamo dal trattamento del disturbo da stress post-traumatico. Chi soffre di questo disturbo è impegnato ad affrontare una terapia che gli permetta di non avere ricadute durante la propria quotidianità. La realtà virtuale, in questo caso, riproduce degli scenari traumatici per i pazienti, permettendogli di affrontare il loro disturbo in un ambiente protetto e sicuro.

Un altro traguardo stupefacente riguarda la terapia del dolore. L’immersione nella realtà virtuale aiuterebbe i pazienti sottoposti a trattamenti invasivi. Un dato incredibile pubblicato da Healthcare Innovery rivela che, in media, la VR riduca il dolore percepito del 24%. Questa cifra è pressoché la stessa raggiunta dagli antidolorifici oppiacei.

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Huawei: realtà aumentata da 300 Mld entro il 2025

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[vc_row][vc_column][vc_column_text]HUAWEI REALTÀ AUMENTATA AR - A quanto pare siamo di fronte a un punto di svolta per la realtà aumentata. Finora, questa tecnologia era vista sicuramente come uno strumento formidabile, ma con scarsa applicazione sul mercato e nella quotidianità. Grazie agli ultimi aggiornamenti, potremmo vedere un gran cambiamento.

Nel Better World Summit organizzato da Huawei sul 5G e l’AR è addirittura trapelata una stima: 300 miliardi di dollari. Questo il valore previsto per il mercato della realtà aumentata entro il 2025.[/vc_column_text][dfd_spacer screen_wide_spacer_size="50" screen_normal_resolution="1024" screen_tablet_resolution="800" screen_mobile_resolution="480"][dfd_heading subtitle="" content_alignment="text-left" enable_delimiter="" undefined="" title_font_options="tag:h2" subtitle_font_options="tag:div" tutorials=""]

AR e le possibili applicazioni

[/dfd_heading][dfd_spacer screen_wide_spacer_size="50" screen_normal_resolution="1024" screen_tablet_resolution="800" screen_mobile_resolution="480"][vc_column_text]Nel summit organizzato da Huawei sono intervenute molte persone descrivendo le applicazioni attuali e future dell’AR. Bob Cai, CMO di Huawei Carrier BG, ha voluto sottolineare che 5G e AR potrebbero trarre il massimo del loro potenziale l’una dall’altra.

Ma già adesso Huawei è impegnata nel settore della realtà aumentata. Nell’occasione, Huawei ha introdotto la loro nuova piattaforma “AR Engine”, pensata appositamente per i dispositivi mobili. Grazie a essa gli sviluppatori desiderosi di creare effetti AR non dovranno fare altro che scrivere appena 10 righe di codice.

Lo sviluppo della realtà aumentata va avanti giorno dopo giorno e inesorabilmente. Le possibilità sono potenzialmente illimitate, tanto che Bob Cai ritiene che l’AR possa consentire la convergenza dei mondi fisico e digitale.[/vc_column_text][dfd_spacer screen_wide_spacer_size="50" screen_normal_resolution="1024" screen_tablet_resolution="800" screen_mobile_resolution="480"][dfd_heading subtitle="" content_alignment="text-left" enable_delimiter="" undefined="" title_font_options="tag:h2" subtitle_font_options="tag:div"]

Le due mostre fotografiche su Lucca e il Covid

[/dfd_heading][dfd_spacer screen_wide_spacer_size="50" screen_normal_resolution="1024" screen_tablet_resolution="800" screen_mobile_resolution="480"][vc_column_text]La sede per le due mostre fotografiche sarà una suggestiva villa del centro storico di Lucca: Villa Bottini, luogo da sempre aperto a diverse iniziative. In questa occasione entrambe le mostre sono aperte dal 28 maggio al 22 agosto, offrendo uno scenario completo delle ambientazioni lucchesi in piena pandemia.

Una delle due mostre si chiama “L’inizio del Futuro” a cura di Giulia Ticozzi e Arcipelago-19. Questa esposizione racconta diversi scenari a livello nazionale grazie agli scatti di fotografi freelance. Questi ultimi hanno ricoperto un ruolo essenziale nelle chiusure da covid in quanto hanno proseguito la loro passione in luoghi al tempo irraggiungibili.

L’altra esposizione prende il nome “Racconti della Pandemia” curata da Enrico Stefanelli e Chiara Ruberti. Questa è focalizzata su tutta la provincia di Lucca, avendo infatti il contributo di fotografi professionisti e non di tutto il territorio. Le fotografie esposte da Photolux raffigurano Lucca in molte sfumature appartenenti ai periodi più complicati della pandemia da Covid.

 

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Ci è voluta una pandemia per apprezzare i videogiochi

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[vc_row][vc_column][vc_column_text]VIDEOGIOCHI PANDEMIA - Se dovessimo indicare un settore tecnologico in cui si compiono passi da gigante e traina tantissimi altri ambiti, sarebbe sicuramente quello dei videogiochi. I dispositivi creati migliorano di giorno in giorno, troviamo le migliori grafiche in assoluto, il mercato è uno dei più ampi e promettenti. In Italia, però, la tendenza a porre fiducia nei videogiochi non era la stessa, almeno prima della pandemia mondiale. Infatti, le statistiche dimostrano che finalmente possiamo sperare nel riconoscimento del gaming in Italia.[/vc_column_text][dfd_spacer screen_wide_spacer_size="50" screen_normal_resolution="1024" screen_tablet_resolution="800" screen_mobile_resolution="480"][dfd_heading subtitle="" content_alignment="text-left" enable_delimiter="" undefined="" title_font_options="tag:h2" subtitle_font_options="tag:div" tutorials=""]

Le statistiche durante la pandemia

[/dfd_heading][dfd_spacer screen_wide_spacer_size="50" screen_normal_resolution="1024" screen_tablet_resolution="800" screen_mobile_resolution="480"][vc_column_text]Le statistiche mostrano risultati diversi, sia in termini economici che in termini di persone raggiunte con i videogames. Per esempio, nello scorso anno sono circolati più di 2 miliardi di euro nel mercato videoludico, solo in Italia. D’altro canto, le persone raggiunte sono in lieve calo rispetto ai 17 milioni del 2019.

Il vero cambiamento, tuttavia, riguarda quanto tempo abbiano passato ai videogiochi. La media dell’anno precedente era di 8 ore settimanali: adesso abbiamo un aumento significativo a 8 ore e mezza. Il messaggio di questa statistica risiede nel coinvolgimento che conferisce ai giocatori, il quale sta crescendo a livelli mai visti in Italia. Questa è la chance concreta per lanciare una volta per tutte i videogiochi, stavolta grazie alla pandemia.[/vc_column_text][dfd_spacer screen_wide_spacer_size="50" screen_normal_resolution="1024" screen_tablet_resolution="800" screen_mobile_resolution="480"][dfd_heading subtitle="" content_alignment="text-left" enable_delimiter="" undefined="" title_font_options="tag:h2" subtitle_font_options="tag:div" tutorials=""]

I videogiochi: la chance per molti, da start-up a concorsi

[/dfd_heading][dfd_spacer screen_wide_spacer_size="50" screen_normal_resolution="1024" screen_tablet_resolution="800" screen_mobile_resolution="480"][vc_column_text]Ormai il concetto si sta facendo chiaro: i videogiochi si stanno ritagliando un nuovo posto, più stabile e migliore di prima. Questa è la possibilità per convincere la maggioranza che il settore videoludico non appartiene solamente ai nerd, ma è in grado di connettere chiunque. Un settore che ormai sta fuoriuscendo completamente dai suoi recinti, sia per migliorare, sia per trasmettere chiaramente cosa significano i videogiochi.

L’altro aspetto altrettanto fondamentale è l’aumento delle iniziative per lo sviluppo del settore all’interno del Belpaese. L’italia, prima della pandemia, era un paese in cui esisteva quasi unicamente una domanda per il settore, ma scarsissima produzione e offerta. Giulia Sperandeo, Unity Developer per Advepa Communication, ci ha fatto capire che anche in questo caso ci sono grandi cambiamenti in arrivo.

“Adesso stanno nascendo moltissime nuove aziende dedicate ai videogames e alla c.g.i. (Computer-generated imagery): in questo modo molti sviluppatori potranno rimanere in Italia. Fattore non da poco, perché spesso chi ha capacità applicabili ai videogiochi è costretto a trovare opportunità di lavoro all’estero”.

 

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L’elettricità wireless, primi esperimenti in Nuova Zelanda

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[vc_row][vc_column][vc_column_text]ELETTRICITÀ WIRELESS - Siamo a due passi dallo scordarci di un elemento onnipresente nelle nostre vite: il cavo. In alcuni ambiti lo abbiamo già notato: oltre alle svariate reti e connessioni, iniziano perfino le ricariche senza fili agli smartphone. L’elettricità wireless, però, sembra il culmine delle tecnologie senza fili. In Nuova Zelanda una startup ha proseguito lo sviluppo di un’idea rivoluzionaria e addirittura ecologica. L’elettricità wireless impiegherà molto a diffondersi?[/vc_column_text][dfd_spacer screen_wide_spacer_size="50" screen_normal_resolution="1024" screen_tablet_resolution="800" screen_mobile_resolution="480"][dfd_heading subtitle="" content_alignment="text-left" enable_delimiter="" undefined="" title_font_options="tag:h2" subtitle_font_options="tag:div" tutorials=""]

Come funziona l’elettricità wireless?

[/dfd_heading][dfd_spacer screen_wide_spacer_size="50" screen_normal_resolution="1024" screen_tablet_resolution="800" screen_mobile_resolution="480"][vc_column_text]L’elettricità wireless, per quanto possa sembrare futuristica, è lo sviluppo di un’ispirazione centenaria: già nel 1890 ci pensò Nikola Tesla, pur non avendo i mezzi. Infatti quando parliamo di questa invenzione dobbiamo immaginarci una serie di tanti, piccoli passi compiuti lungo più di un secolo.

Solo in questo periodo, tuttavia, possiamo sperimentare per la prima volta la trasmissione di energia senza fili. Grazie alle cosiddette “Rectennas”, antenne rettificratrici che riescono a trasmettere corrente elettrica senza alcun cavo necessario. Il fascio di onde singole creato dalla loro tecnologia permette alla corrente di non diffondersi, rendendo possibile un passaggio mirato da una Rectenna all’altra.

La startup che ha sviluppato l’elettricità wireless si chiama Emrod e si trova in Nuova Zelanda. La sua rivoluzione è sostenuta perfino dal governo neozelandese a partire da questo anno. Speriamo vivamente che un progresso simile arrivi al più presto in tutto il mondo.[/vc_column_text][dfd_spacer screen_wide_spacer_size="50" screen_normal_resolution="1024" screen_tablet_resolution="800" screen_mobile_resolution="480"][dfd_heading subtitle="" content_alignment="text-left" enable_delimiter="" undefined="" title_font_options="tag:h2" subtitle_font_options="tag:div" tutorials=""]

Per quale motivo la vogliamo a tutti i costi?

[/dfd_heading][dfd_spacer screen_wide_spacer_size="50" screen_normal_resolution="1024" screen_tablet_resolution="800" screen_mobile_resolution="480"][vc_column_text]Il fatto che tutti i fili elettrici potrebbero scomparire un giorno alla volta è uno dei vari motivi che ci spingono a desiderare questa invenzione. Ciò è dovuto a molti fattori, partendo dai più pratici fino a una vera e propria svolta ecologica.

Grazie al contributo di Nicola Cortesi, Web Designer per Advepa Communication, abbiamo capito a fondo il potenziale dell’elettricità wireless.Oltre all’assenza di fili per il passaggio di energia a lungo raggio, potremo davvero vedere ambienti domestici senza alcun filo necessario. Certo, i dispositivi a batteria autonoma svolgono già buona parte del lavoro, tuttavia devono essere caricati usando un cavo dopo l’altro.

“La novità sta anche in quanto l’elettricità wireless sia sostenibile. Anzitutto scomparendo i cavi produciamo meno materiale inquinabile, inoltre la nuova corrente non disperderà radiazioni nell’aria.” - Nicola Cortesi, Web Designer per Advepa Communication.

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